
Auto a guida autonoma: che cosa sono e quando arriveranno in Italia?
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Le auto a guida autonoma – o “self driving cars” – rappresentano la nuova frontiera della mobilità su strada, promettendo di migliorare la sicurezza stradale, ottimizzare la gestione del traffico e rendere più accessibile la guida dei veicoli a quattro ruote. Ecco quando potremo cominciare a vedere questi veicoli automatici sfrecciare sulle strade italiane, e quali sono i principali ostacoli che stanno al momento frenando la loro diffusione nel nostro Paese.
L’avvento dei veicoli a guida autonoma – o “self driving cars” – sta segnato una svolta epocale nel settore dell’automotive: non solo questa nuova tecnologia di guida trasformerà radicalmente il modo in cui ci muoviamo sulle strade, ma promette anche di offrire numerosi vantaggi in termini di sicurezza alla guida, efficienza nella gestione del traffico stradale e accessibilità dei veicoli.
L’Italia, una delle patrie dell’industria automobilistica europea, non è certamente rimasta indietro in questa corsa verso il futuro, e le prime implementazioni di veicoli a guida autonoma sono già state avviate da qualche anno.
Allo stesso tempo, tuttavia, non mancano le preoccupazioni destate da un eventuale arrivo di questi veicoli sulle nostre strade, incentrate prevalentemente su questioni di natura etica e riguardanti l’effettiva sostenibilità ambientale delle auto completamente automatizzate. Inoltre, da prendere in considerazione sono anche gli ostacoli normativi che stanno frenando la loro diffusione sul suolo europeo.
In questo articolo, esploreremo cosa sono, come funzionano e quali sono pregi e svantaggi dei veicoli a guida autonoma, e cercheremo di capire quando questi potrebbero cominciare a circolare anche in Italia.
Veicoli a guida autonoma: cosa sono e come funzionano
Prima di scoprire quando e come i veicoli a guida autonoma potrebbero arrivare anche in Italia, dobbiamo comprendere come funzionano queste self-driving cars, e quali sono i 5 livelli in cui vengono generalmente classificate.
Le auto a guida autonoma altro non sono che veicoli i quali, grazie all’utilizzo di una combinazione di sensori in grado di raccogliere informazioni sull’ambiente circostante, quali telecamere, radar, lidar (ovvero sofisticati strumenti di telerilevamento in grado di calcolare l’esatta distanza di un oggetto o di una superficie utilizzando un impulso laser), uniti a sistemi GPS, sofisticati software e algoritmi di ultima generazione, riescono a circolare sulle strade in modo totalmente autonomo, ovvero senza la necessità dell’intervento diretto di un conducente umano.
Come funzionano le auto a guida autonoma?
In particolare, il funzionamento delle auto a guida autonoma prevede cinque fasi distinte, che generalmente hanno luogo una in seguito all’altra nel giro di pochi secondi:
- Percezione e raccolta di informazioni sull’ambiente circostante: i sensori del veicolo rilevano costantemente l’ambiente circostante, registrando informazioni sulle strade, gli ostacoli, gli altri veicoli, i pedoni, i segnali stradali e altro ancora.
- Elaborazione dei dati: l’unità di controllo centrale del veicolo (anche detta “cervello”) analizza e interpreta i dati provenienti dai sensori, creando una mappa dell’ambiente e identificando gli oggetti circostanti.
- Connessione e scambio dei dati: i veicoli autonomi possono essere collegati a reti di comunicazione che consentono loro di scambiare informazioni con altri veicoli, infrastrutture stradali e sistemi centralizzati (questo, come vedremo, sarà un’importante caratteristica dei veicoli a livello 5). In particolare, questa incredibile interconnessione consentirà di raggiungere livelli di sicurezza stradale mai raggiunti fino ad ora.
- Pianificazione della traiettoria: a questo punto, grazie a sofisticati algoritmi di guida, l’unità di controllo è in grado di utilizzare i dati mappati per pianificare una traiettoria di guida sicura ed efficiente, tenendo conto sia delle norme stradali, che delle condizioni del traffico e degli obiettivi prefissati dai passeggeri.
- Esecuzione delle decisioni di guida: da ultimo, i sistemi di attuazione del veicolo, quali freni, acceleratore, sterzo e trasmissione, convertono le decisioni di guida in azioni fisiche, controllando il movimento del veicolo e mantenendo la traiettoria pianificata.
Riassumendo quanto detto finora, i veicoli a guida autonoma sono progettati per percepire gli stimoli ed i segnali provenienti dall’ambiente circostante, elaborare le informazioni immagazzinate e prendere decisioni di guida – il tutto in tempo reale.
Tuttavia, questo non significa che soltanto i veicoli completamente automatizzati rientrino nella categoria delle self-driving cars. Cinque sono infatti i livelli di guida autonoma: scopriamo quali sono.
Quali sono i cinque livelli di guida autonoma?
Secondo la classificazione della Society of Automotive Engineers (SAE), 5 (+1) sono i livelli di guida autonoma, che vanno dal livello 0 (nessuna automazione) al livello 5 (guida completamente autonoma senza bisogno di alcun intervento umano):
- Livello 0 – Nessuna automazione (o guida manuale): il conducente umano ha il pieno controllo del veicolo in tutte le fasi di guida.
- Livello 1 – Guida assistita: il veicolo offre limitate funzioni di assistenza alla guida, come il controllo di velocità adattivo o l’assistenza al mantenimento della corsia. Tuttavia, il conducente deve comunque ancora mantenere il controllo del veicolo e deve essere sempre pronto ad intervenire in caso di emergenza. Per questa ragione i veicoli di livello 1 vengono anche detti veicoli “a guida cooperativa”.
- Livello 2 – Automazione parziale (o guida semi-autonoma): l’autovettura presenta due o più funzioni di guida automatizzate (ad esempio accelerazione, frenata assistita e mantenimento della corsia). Ad ogni modo, il conducente ha ancora un ruolo centrale nella guida del veicolo.
- Livello 3 – Automazione condizionale: il primo livello di automazione giuridicamente classificabile entro la categoria di “veicolo a guida autonoma”. Le autovetture che rientrano in questa categoria sono infatti in grado di gestire in modo autonomo la maggior parte delle operazioni di guida, provvedendo autonomamente al monitoraggio del traffico e delle condizioni di guida. Ciò non esclude però che il conducente debba comunque essere pronto a riprendere il controllo del veicolo con breve preavviso.
- Livello 4 – Automazione ad alta autonomia: il veicolo è in grado di gestire autonomamente i sistemi di accelerazione, frenata, direzione e controllo del traffico e dunque, nella maggior parte delle situazioni, di circolare senza l’intervento del conducente. Ancora una volta, però, in alcune specifiche situazione il guidatore è chiamato a riprendere il pieno e totale controllo del veicolo.
- Livello 5 – Guida Autonoma tout court (o guida totalmente automatizzata): il livello 5 di automazione prevede che il veicolo sia in grado di circolare autonomamente in qualsiasi condizione stradale e in qualsiasi luogo, senza alcun tipo di coinvolgimento da parte del conducente umano.
Sebbene in questo preciso momento non esistano ancora tecnologie che raggiungono questo livello di automazione, è ormai chiaro a tutti che la diffusione di veicoli a guida automatizzata di livello 5 comporterà inevitabilmente un ripensamento del concetto di automobile per come l’abbiamo intesa negli ultimi sessant’anni: non solo queste auto intelligenti potranno arrivare ad essere addirittura prive di volante e pedali, ma saranno altresì in grado di comunicare in modo costante sia con gli altri veicoli che con le infrastrutture sulle quali viaggiano, sposando appieno il concetto di smart mobility di cui abbiamo parlato qui. Inoltre, la figura del conducente si trasformerà sempre più in quella del passeggero, che potrà così godersi tranquillamente il viaggio abbandonando ogni preoccupazione circa la sua guida.
Nel momento in cui stiamo scrivendo questo articolo, gran parte delle automobili in circolazione rientra nei livelli 1 e 2 di automatizzazione – anche e soprattutto per via delle evidenti limitazioni poste dalle versione del Codice della Strada attualmente in vigore , la cui definizione di “veicoli” si limita a “tutte le macchine circolanti su strada guidate dall’uomo” – gli ultimi sviluppi tecnologici nell’ambito dell’intelligenza artificiale e dei sistemi di guida autonoma, uniti ad una maggiore apertura da parte dei legislatori nazionali ed europei (emblematico è il Decreto Smart Road del 2018 e revisionato nel 2020, che ha aperto la strada – nel vero senso della parola – alle sperimentazione di vetture prive di volante o pedali sul suolo nazionale, anche se non ancora omologabili) fanno apparire come sempre più vicino il giorno in cui saremo in grado di farci scarrozzare da una parte all’altra della nostra città su auto completamente prive di conducente!
Se quest’idea appare particolarmente allettante per gli amanti della tecnologia, non sono mancate neppure le perplessità sull’effettiva sicurezza e sostenibilità di questa nuova tipologia di veicoli intelligenti, così come gli ostacoli -per lo più di natura legislativa e tecnologica- che al momento ne stanno bloccano la circolazione sulle strade italiane.
Vediamo dunque quali sono i principali vantaggi – e quali i potenziali svantaggi – delle auto a guida autonoma.
Auto a guida autonoma: è tutto oro quello che luccica? Tra vantaggi e sfide da superare
Sicurezza, efficienza, e accessibilità: questi sono soltanto alcuni dei principali vantaggi collegati con la diffusione dei veicoli a guida autonoma.
Analizziamoli più nel dettaglio.
- Maggior sicurezza stradale: tra gli obiettivi che stanno spingendo verso la progettazione di auto sempre più automatizzate è proprio la riduzione degli errori umani alla guida, che – secondo il Road Safety Report del 2022 di Dekra – sono responsabili della maggior parte degli incidenti stradali. In questo senso, le tecnologie di ultima generazione, come sensori ed algoritmi di guida, possono contribuire sensibilmente a ridurre la possibilità di collisioni, migliorando così la sicurezza delle strade.
- Miglior gestione del traffico stradale: come spiegato sopra, le auto a guida autonoma possono non solo comunicare tra di loro, ma anche con l’infrastruttura stradale, consentendo una circolazione coordinata e sincronizzata, migliorando la gestione del traffico e prevenendo ingorghi e congestioni, aumentando così l’efficienza complessiva delle reti stradali.
- Accessibilità e inclusività: la mobilità driverless potrebbe portare evidenti benefici anche a tutte le persone con mobilità limitata e/o quelle impossibilitate a guidare veicoli tradizionali, come anziani o disabili, offrendo loro una maggiore indipendenza.
- Riduzione dell’impatto ambientale: l’adozione di veicoli elettrici autonomi aiuta ad ottimizzare il consumo di carburante e ridurre l’usura delle pastiglie dei freni, tra le maggiori responsabili delle emissioni di particolato nell’atmosfera.
- Maggior comfort e produttività per i passeggeri: che con le mani staccate dal volante potranno dedicarsi allo svolgimento di altre attività -anche lavorative- durante i viaggi. Una bella svolta per chi è sempre alla ricerca di nuovi modi per aumentare la propria produttività!
Allo stesso tempo, non mancano nemmeno le critiche e gli ostacoli che questi veicoli dovranno superare prima di poter entrare a pieno diritto tra i mezzi di trasporto più utilizzati sulle nostre strade.
Tra i principali svantaggi collegati alla diffusione delle self-driving cars troviamo:
- Elevati costi di sviluppo e produzione: attualmente, le tecnologie che stanno alla base dello sviluppo e della produzione di veicoli a guida autonoma sono ancora molto costose e richiedono ingenti investimenti da parte delle case automobilistiche, il che si riversa direttamente anche sul prezzo finale al consumatore;
- Responsabilità legale e assicurativa: la mobilità driverless solleva anche importanti questioni legali e assicurative. In particolare, in caso di incidenti o danni, può essere difficile stabilire chi sia l’effettivo responsabile, se il produttore del veicolo o il conducente umano (se presente). Questo evidenzia il bisogno di una profonda revisione delle normative stradali ed assicurative attualmente in vigore, ancora fortemente vincolate alla tradizionale concezione di veicolo “manuale”.
- Aspetti etici: le auto autonome devono essere programmate per prendere decisioni in situazioni di emergenza. Ad esempio, nel caso di un incidente che non può essere evitato, il veicolo potrebbe dover scegliere tra salvare la vita del conducente o di un pedone, sollevando complessi interrogativi che presuppongono importanti e complesse riflessioni etiche circa il nostro rapporto con l’intelligenza artificiale.
- Disoccupazione: l’adozione di veicoli autonomi potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro nel settore dei trasporti, richiedendo l’adozione da parte del governo di incisive politiche e programmi atti a mitigare l’impatto sociale ed economico di questa transizione sui soggetti coinvolti, quali autisti di camion, taxi e dei trasporti pubblici.
- Rischio di hackeraggio e questioni sulla tutela della privacy e dei dati personali: come spiegato poco fa, i veicoli a guida autonoma presuppongono la connessione ad una complessa rete infrastrutturale. Al pari degli altri oggetti elettronici collegati ad una rete, anche i veicoli a guida autonoma potrebbero quindi diventare oggetto di attacchi da parte di hacker, i quali potrebbero sia alterare le normali funzioni di guida del veicolo, ma anche “rubare” i dati personali dei passeggeri, come quelli raccolti dalle telecamere interne ed esterne o quelli riguardanti i percorsi effettuati e rivenderli poi illegalmente a terzi.
- Inquinamento atmosferico: se da un lato, i veicoli automatici potrebbero contribuire ad ottimizzare le emissioni di CO2 legate ai sistemi di accelerazione e frenata, dall’altro non è assolutamente da ignorare nemmeno l’inquinamento causato dai computer che permettono il funzionamento dei sistemi di guida autonoma. Infatti, secondo un’indagine effettuata dai ricercatori del MiT di Boston, se tutti gli autoveicoli attualmente circolanti nel mondo fossero gestiti completamente da sistemi di guida autonoma, i soli computer riservati allo scopo potrebbero generare emissioni di gas serra pari a quelle di tutti i data center attualmente presenti sul globo. Insomma, si tratta di un dato da prendere assolutamente in considerazione quando si valuta l’effettiva sostenibilità di questi veicoli “del futuro”.
Tutto questo senza considerare gli evidenti ostacoli normativi che stanno frenando la messa su strada dei veicoli a guida automatica di livello superiore, anche e soprattutto nel nostro Paese.
Infatti, nonostante le promettenti aperture avvenute con l’approvazione nel 2018 (e la successiva rielaborazione nel 2020) del decreto “Smart Road” da parte del MIT (Ministero Italiano dei Trasporti), nel quale si autorizza la sperimentazione su strada di vetture completamente automatizzate (ovvero prive di guidatore, volante e pedali), molte sono ancora le sfide -molte delle quali proprio a livello legislativo- che questi veicoli dovranno superare per poter circolare liberamente sulle strade italiane.
Veicoli a guida autonoma: quando arriveranno in Italia?
Sebbene il nostro Paese sia stato tra i primi ad effettuare test su strada con veicoli completamente autorizzati, regolamentati dal decreto Smart Road approvato dal MIT nel 2018 e poi rielaborato nel 2020, l’arrivo delle auto a guida completamente automatica (livello 4 e 5) sulle strade italiane appare ancora lontano. Al momento, infatti, in Italia è consentita soltanto l’omologazione e la circolazione dei veicoli a guida automatica di livello 1 e 2, anche detti “a guida collaborativa”.
Questo è legato, almeno in parte, alla definizione -forse anacronistica– dei veicoli che sta alla base del nostro Codice della strada, secondo il quale con il termine “veicoli” sono da considerarsi “tutte le macchine circolanti su strada guidate dall’uomo”, escludendo quindi a priori tutte quelle dotate di sistemi di guida autonomi.
Allo stesso tempo, alcuni spiragli sono stati aperti dalla Convenzione di Vienna sul Traffico del 2022, con la quale l’Unione Europea ha deciso di autorizzare la guida autonoma all’interno dei Paese aderenti, sebbene ancora con alcune restrizioni (come il rispetto di alcune normative tecniche previste dai Codici della Strada dei singoli Paesi e la presenza di un conducente a bordo della vettura).
L’auspicio è che queste norme siano presto trasposte all’interno delle legislazioni nazionali dei singoli Paesi membri – cosa che, ad esempio, sta già avvenendo in Germania, che ha da poco autorizzato la messa su strada dei veicoli a guida autonoma di classe 4 -, il che potrebbe richiedere parecchio tempo, considerati anche i dibattiti tra i diversi gruppi politici presenti all’interno del Parlamento italiano.
In conclusione, possiamo dire che l’Italia sta muovendo i suoi primi passi nel mondo dell’automatizzazione stradale: l’introduzione dei veicoli a guida autonoma promette di trasformare il modo in cui ci spostiamo, migliorando la sicurezza stradale ed ottimizzando la gestione del traffico.
Ciò che ancora manca è però la strutturazione ed approvazione di un adeguato quadro normativo, così come la predisposizione di un’infrastruttura stradale in grado di conformarsi al bisogno di connettività di questi veicoli (essenziale è una copertura capillare delle connessioni ultraveloci 5G e la conversione delle città in moderne smart cities).
Tematiche che sono fortemente intrecciate con il dibattito sulle smart cities di cui abbiamo parlato in questo articolo, e che appaiono sempre più pressanti alla luce delle grandi sfide sociali, economiche ed ambientali che stanno minacciando la qualità di vita all’interno dei grandi centri urbani globali.
