
Einaudi suona al polo nord per fermare il riscaldamento globale
Le note del pianoforte di Ludovico Einaudi risuonano per la prima volta in un ambiente naturale che rischia di scomparire a causa del riscaldamento globale: i ghiacci del Polo Nord.
La sua famosa composizione “Elegy for the Arctic” non è stata scelta a caso dal musicista, che ha voluto unirsi a Greenpeace in difesa del Mar Glaciale Artico, che rischia di scomparire per sempre molto prima di quanto ci aspettiamo a causa del riscaldamento globale.
Secondo l’esperto Peter Wadhams, docente di Oceanografia fisica e responsabile del Polar Ocean Physics Group di Cambridge, gli ultimi dati del National Snow e Ice Data Centre prevedono una vera e propria catastrofe: il Polo Nord potrebbe essere completamente libero dal ghiaccio già a settembre del 2016 o al massimo del 2017. L’ultima volta che è accaduto è stato 100 mila anni fa, quando l’uomo di Neanderthal viveva sulle montagne dell’Altai, in Siberia.
Anche Peter Gleick, del Pacific Institute di Oakland, in California, condivide il pensiero di Wadhams, ma le sue previsioni sono un pò più a lungo termine: la fine del Polo Nord sarebbe datata intorno al 2030-2050.
Per fermare lo scioglimento dei ghiacci, prima che sia troppo tardi, il pianista e compositore italiano Ludovico Einaudi si è imbarcato sulla nave degli ecologisti “Arctic Sunrise” in direzione delle coste delle isole Svalbard (Norvegia) e ha suonato in difesa dell’Artico.
“Ho potuto vedere con i miei occhi la purezza e la fragilità di questo luogo meraviglioso e suonare una mia composizione ispirata alla bellezza dell’Artico e alle minacce che subisce a causa del riscaldamento globale.”
Proprio in questi giorni l’OSPAR, la commissione internazionale deputata alla conservazione dell’Atlantico nordorientale, sta per decidere di istituire un’area protetta di oltre 226 mila chilometri quadrati nelle acque internazionali del Mar Glaciale Artico, che al momento è il mare meno protetto del mondo.
Ecco il video del concerto:
Purtroppo la pressione di alcuni governi, tra cui Norvegia, Danimarca e Islanda, rischia di far saltare l’accordo del comitato scientifico dell’OSPAR e con esso, il valore ecologico e ambientale dell’iniziativa andrebbe perso.
Proprio la Norvegia, a maggio 2016, aveva concesso 10 nuove licenze per trivellazioni in Artico a 13 società. Sebbene la ricerca del petrolio in quelle aree sia molto costosa e molte compagnie petrolifere abbiano rifiutato l’offerta del governo Norvegese, tre delle 10 licenze sono state acquistate dalla compagnia nazionale Statoil e dalla compagnia Det Norske, partecipata a maggioranza dalla russa Lukoil.
Le porzioni di mare che saranno trivellate a partire da gennaio 2017, sono nella zona incontaminata del mare di Barents, finora rimasta inesplorata e vicina ai confini Russi. I motivi di questa manovra da parte del governo Norvegese, sono da ricercare nel crollo della produzione petrolifera, che si è dimezzata dal 2000 ad oggi, e nel crollo dei prezzi del petrolio, che ha tagliato le entrate dello Stato.
Resta però il fatto che, con questa decisione, la Norvegia non rispetta gli accordi e gli obiettivi fissati dall’Europa nella COP21 sul contenimento delle temperature globali.
