
L’impegno per l’energia rinnovabile di Hillary Clinton
Tra un anno verrà eletto il nuovo presidente degli Stati Uniti: favorita a succedere a Barack Obama è Hillary Clinton.
L’ex first lady ha posto al centro del suo programma elettorale la salvaguardia dell’ambiente. Come? Sfruttando al meglio l’energia rinnovabile (eolica e geotermica) e diminuendo il consumo di carburanti fossili (carbone, petrolio e gas naturale).
Il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici sono attualmente al centro dell’attenzione mediatica, nei giorni della conferenza di Parigi e all’indomani dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco.
E così, per la prima volta, un candidato alla presidenza degli Stati Uniti pone la massima attenzione sui danni provocati dall’inquinamento atmosferico, con esempi pratici e concreti.
La Clinton ha usato parole semplici, dettate dal buon senso: “non bisogna essere uno scienziato per capirlo, io sono soltanto una nonna con due occhi e un cervello”, riferendosi alla nipotina Charlotte, che nel mondo di domani, come i nostri figli e i nostri nipoti, ci dovrà vivere.
È l’ultima possibilità che abbiamo, prima che sia troppo tardi.
Gli Stati Uniti superpotenza dell’energia pulita
Questo lo slogan della campagna elettorale di Hillary Clinton. E così, entro il 2020 (l’anno in cui terminerà il mandato del nuovo presidente) verranno installati 500 milioni di pannelli solari sui tetti di 25 milioni di abitazioni americane, con un incremento rispetto a oggi del 700%.
I pannelli solari saranno capaci di generare una potenza di 140 GW, pari a 140 reattori nucleari, di gran lunga molto più pericolosi per la salute umana.
Il governo darà incentivi e concederà sgravi fiscali alle aziende che investiranno in tal senso.
D’altronde anche le altre due potenze demografiche della Terra, Cina e India, stanno fortemente spingendo su questo tasto: questi 3 Paesi rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e naturalmente sono ai primi posti per emissioni nocive. Petrolio e carbone sono tra i principali agenti inquinanti: ridurne il consumo è un’esigenza tassativa. Anche se, per gli Stati Uniti, restano aperte alcune questioni:
- il fracking (ossia la fratturazione di una roccia del sottosuolo per facilitare l’estrazione di materie prime);
- la Keystone XL Pipeline, un oleodotto che dovrebbe portare il petrolio canadese in Texas, tagliando in due gli Stati Uniti, con un elevatissimo impatto ambientale;
- le trivellazioni nel mar Artico, sempre più fattibili con il progressivo scioglimento dei ghiacci, ma che vanno a contaminare una zona del pianeta immune, o quasi, dallo sfruttamento intensivo delle risorse da parte dell’uomo.
I cambiamenti climatici sono la causa delle guerre e del fenomeno della migrazione di popoli?
Hillary Clinton sostiene che la battaglia per la salvaguardia dell’ambiente serva anche a diminuire il rischio di conflitti che poi generano centinaia di migliaia di profughi che cercano salvezza in Occidente.
Come in occasione della crisi dei migranti avvenuta pochi mesi fa, oppure con i continui sbarchi sulle nostre coste di esseri umani che fuggono da fame e scontri bellici.
Questo è quello che oggi accade in Siria, al centro dei telegiornali di tutto il mondo che portano nelle nostre case le immagini di città distrutte e di lunghe file di persone in cammino, ma anche nei Paesi dell’Africa, messi in ginocchio da despoti, tiranni e dalla corruzione.
Migliorando le condizioni di vita in queste regioni martoriate, afferma la candidata alla presidenza democratica, si danno alla popolazione locale maggiori opportunità di restare e di evitare di tentare una difficile e pericolosa emigrazione.
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Uno dei fattori scatenanti della guerra civile in Siria è infatti la siccità che dal 2007 ha colpito il Paese e che ha spinto la popolazione rurale a spostarsi nelle città.
Stesso discorso vale anche per la Nigeria, dove nell’instabilità imperversa l’organizzazione Boko Haram.
Insomma, una questione, quella del clima, che ha numerosi risvolti e infinite sfaccettature.
Energia rinnovabile significa meno inquinamento, una Terra più vivibile, meno guerre, meno povertà.
Tra un anno si vota
Più vicini alle lobby economiche, inclusa quella del petrolio (esempio eclatante la famiglia Bush), i candidati del partito Repubblicano sono più scettici ad accogliere le tematiche ambientali e sull’energia rinnovabile e quindi hanno messo al centro dei loro programmi tematiche differenti.
Sostengono, anzi, che i cambianti climatici non sono affatto una minaccia e che non compete certo al governo federale intervenire e, che se lo fa, è solo per imporre più tasse ai contribuenti.
Il partito Democratico invece è sempre stato più sensibile: l’ex vicepresidente Al Gore ha vinto un premio Nobel per la Pace per il suo impegno a favore dell’ambiente.
Di recente a Parigi Barack Obama ha garantito il massimo impegno per fermare la distruzione del nostro pianeta.
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Gli Americani per ora sembrano apprezzare questa volontà di ridiscutere abitudini ormai non più sostenibili: i sondaggi infatti danno favorita proprio l’ex first lady che quindi poi si troverà, nel caso, a dover mantenere le promesse fatte e gli impegni presi (ed è lei stessa la prima a dire di essersi posta obiettivi ambiziosi).
Per gli Stati Uniti e il nostro pianeta, dopo tante occasioni mancate, sarà la volta buona?
Lo vedremo l’8 novembre 2016.
