Marcia dei Sioux su Washington

La marcia dei Sioux su Washington

La grande epopea del West, che alla fine dell’800 ha visto i coloni americani bianchi conquistare tutte le grandi pianure a ovest del lago Michigan, fino ad arrivare al Nevada, all’Oregon e alla California, ha segnato la sconfitta e la quasi totale distruzione di una civiltà secolare, quella dei nativi americani.

Le grandi tribu degli Apache e dei Navajos, che occupavano le terre del sud, tra Texas e Arizona, i Cheyenne che vivevano sulle montagne tra Colorado e Wyoming, i Sioux che occupavano il Nord, ai confini con il Canada, furono tutte spazzate via dal progresso e dalla tecnologia dei bianchi. Gli ultimi grandi capi, il leggendario Geronimo capo Apache, o Toro Seduto dei Sioux (colui che annientò Custer nella battaglia di Little Big Horn), vennero trasformati in fenomeni da baraccone, leoni domati da mostrare al pubblico, per segnare la superiorità dei nuovi padroni della terra. Da ormai più di un secolo ciò che rimane dell’orgoglio degli indiani d’America è stato relegato in squallide riserve, nelle quali i bianchi hanno tollerato il sopravvivere dell’ombra delle antiche tradizioni.

Il rapporto degli indiani con la terra e con l’ambiente è sempre stato molto distante dal nostro di uomini bianchi occidentali: mentre noi consideriamo la terra una risorsa da sfruttare, estraendo le ricchezze del suo sottosuolo, o spremendola fino all’estremo con l’agricoltura e l’allevamento intensivo, loro l’hanno sempre considerata sacra e degna di rispetto, un elemento con cui l’uomo doveva confrontarsi in costante equilibrio.

La storia sembra ripetersi ancora una volta in questi mesi: da una parte i bianchi, forti potenti e ricchi, che vogliono fare i loro affari, dall’altra una sparuta tribu di indiani che tentano di opporsi, e che rappresentano solo un fastidio da togliere di mezzo.

La vicenda dell’oleodotto Dakota Access e del Keystone Pipeline System

Il progetto Dakota Access prevede la costruzione di un oleodotto di 1800Km che dovrebbe trasportare il greggio proveniente dal Canada verso l’Illinois. Insieme all’altro oleodotto denominato Keystone Pipeline System (che è in realtà una rete di condotte) fa parte di un grande progetto il cui scopo è creare una grande infrastruttura di trasporto del petrolio del Nord verso le raffinerie del Texas, dell’Oklaoma e dell’Illinois. La costruzione di queste due grandi opere è stata fin dall’inizio osteggiata dagli ambientalisti, che le considerano pericolose per la salute e l’ambiente che attraversano (ci sono grandi rischi di inquinamento delle acque), e soprattutto ritengono che investire tutte queste risorse nei combustibili fossili, anziché nelle fonti alternative di energia sia totalmente anacronistico. Dopo lunghi dibattiti e contestazioni di ogni genere, l’amministrazione Obama, fortemente impegnata sui temi ambientali e del cambiamento climatico, decise di interrompere il progetto Keystone, valutandolo oltretutto economicamente poco efficiente e competitivo.

Per il Dakota Acces c’era poi un ulteriore problema: il percorso progettato per questo oleodotto attraversa la riserva di Standing Rock, nel North Dakota, area sotto il controllo di alcune tribu Sioux, che la considerano peraltro una zona sacra. I Sioux sostengono che la costruzione dell’oleodotto, oltre a rappresentare un effettivo pericolo per l’ambiente, le acque, e in generale la salute del loro popolo, distruggerebbe il loro stile di vita, oltre a profanare un territorio nel quale hanno sepoltura i loro avi. Le motivazioni che adducono sono anche di ordine legale, poiché i trattati nel tempo sottoscritti tra gli Stati Uniti e le popolazioni indigene prevederebbero la rinuncia da parte del governo americano a intraprendere attività economiche all’interno delle aree concesse agli indiani.

Negli ultimi mesi più di trecento tribu dei Sioux e dei Cheyenne, affiancati da diverse associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace, hanno dato vita a proteste, sempre pacifiche, sui luoghi in cui si dovrebbero aprire i cantieri per la costruzione. Alla fine del 2016 il governo Obama aveva infine acconsentito a rivalutare il percorso delle condotte, in modo che potessero aggirare la zona di Standing Rock.

Trump firma il decreto per l'oleodotto Dakota Access

La svolta di Trump e la marcia dei Sioux su Washington

Negli ultimi giorni però le cose sono cambiate radicalmente: il nuovo presidente Donald Trump ha decisamente preso le parti dell’azienda costruttrice, la Energy Transfer Partners, che certo non vuole perdere questo affare che vale quasi 4 miliardi di dollari. Nella giornata di ieri 10 marzo il presidente Trump, ribaltando completamente gli orientamenti della precedente amministrazione, ha firmato l’ordine esecutivo per l’avvio dei lavori del Dakota Access, ma anche per il Keystone Pipeline System.

I Sioux non si danno per vinti, e in centinaia hanno marciato su Washington, accampandosi lungo il National Mall. L’hanno chiamata “Native Nations March on DC” (La marcia delle nazioni native su Washington). Hanno sfilato per le vie della città, e hanno concluso la loro protesta davanti alla Casa Bianca. Dave Archambault, il rappresentante della tribu Sioux di Standing Rock, ha dichiarato: “Abbiamo marciato contro l’ingiustizia e continueremo la nostra protesta pacifica. Le popolazioni indigene non possono sempre essere messe da parte a vantaggio degli interessi aziendali o dei capricci del governo”.

L’orgoglio e la dignità di queste popolazioni, che affrontano con coraggio forze più grandi di loro, ricordano quelli dei loro progenitori, che per difendere la loro terra e il loro mondo non esitarono a combattere male armati e meno numerosi contro un nemico invincibile. L’esito allora era scontato. Lo sarà anche questa volta?

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