spreco alimentare non è solo una questione di cibo

Lo spreco alimentare non è solo una questione di cibo

Lo spreco alimentare non è solo una questione di cibo, è anche dannoso per l’ambiente.

L’impatto delle tonnellate di cibo che vengono ogni anno sprecate nel mondo sulle risorse naturali è drammatico. Il cibo prodotto e non consumato genera ogni anno 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra e utilizza quasi il 30% della superficie agricola mondiale.

Lo spreco di cibo nel mondo: i dati

La metà del cibo che viene prodotto nel mondo, circa due miliardi di tonnellate, finisce nella spazzatura. Questo è il dato che emerge da un rapporto del gennaio 2013 dell’Institution of Mechanical Engineers, associazione degli ingegneri meccanici britannici. Secondo la Fao, nello studio Global Food Losses and Food Waste (perdite e spreco alimentare a livello mondiale) i principali responsabili di questo spreco sono i paesi industrializzati, dove vengono buttate 222 milioni di tonnellate di cibo ogni anno: una quantità che sarebbe sufficiente a sfamare l’intera popolazione dell’Africa subsahariana.
Negli Stati Uniti si spreca iI 40% del cibo prodotto. In Gran Bretagna si buttano tra i rifiuti 6,7 milioni di tonnellate di cibo ancora perfettamente consumabile, per un costo annuale di 10 miliardi di sterline. In Svezia, mediamente ogni famiglia getta via il 25% del cibo acquistato.

Ma lo speco alimentare non è solo una questione di cibo.
La Fao ha anche promosso un altro studio, intitolato “Food Wastage Footprint: Impacts on Natural Resources” (l’impronta ecologica degli sprechi alimentari: l’impatto sulle risorse naturali), la prima sistematica indagine scientifica ad aver analizzato l’impatto delle perdite alimentari dal punto di vista ambientale, esaminando specificamente le conseguenze che esse hanno per il clima, per le risorse idriche, per l’utilizzo del territorio e per la biodiversità. Le cifre sono spaventose: ogni anno, il cibo che viene prodotto e non consumato, spreca un volume di acqua pari al flusso annuo di un fiume come il Volga; utilizza 1,4 miliardi di ettari di terreno – quasi il 30 per cento della superficie agricola mondiale – ed è responsabile della produzione di 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra. Nel mondo industrializzato, la maggior parte del cibo sprecato viene dai consumatori, mentre nei paesi in via di sviluppo gli sprechi sono dovuti a un’agricoltura stentata o alla mancanza di modalità di conservazione.

i dati dello spreco alimentare

La situazione in Italia

Anche se non siamo ai livelli di Stati Uniti o dell’Inghilterra, anche la situazione Italiana è drammatica. Nel nostro paese infatti, nel giro di un anno, si spreca tanto cibo quanto potrebbe soddisfare il fabbisogno alimentare di tre quarti della popolazione italiana.
Un anno di spreco alimentare in Italia sfamerebbe quindi quasi 44 milioni e mezzo di persone.

E i numeri riferiti all’impatto dello spreco di cibo in Italia sull’ambiente sono, se possibile, ancora più incredibili: stando a una ricerca scientifica dell’Università di Napoli, nel 2012, lo spreco alimentare in Italia ha toccato i 1.226 milioni di metri cubi d’acqua impiegata per la produzione del cibo che è poi stato gettato via senza essere consumato. La stessa quantità di acqua avrebbe potuto soddisfare il fabbisogno idrico annuo di 19 milioni di italiani.  Sul fronte delle emissioni, sono 24,5 i milioni di tonnellate di biossido di carbonio sprigionati inutilmente in atmosfera per produrre beni alimentari destinati alla pattumiera. Il 20% di questi gas serra è legato al settore trasporti, di queste, 14,3 milioni di tonnellate di CO2 sono associate al cibo sprecato dai consumatori e 10,2 milioni di tonnellate sono legate alle perdite lungo la filiera alimentare.

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Come si fa a sprecare il cibo?

Proprio in seguito ai dati, a dir poco inquietanti, emersi dagli studi sullo spreco alimentare e dalla crisi economica che ha toccato il sistema produttivo mondiale, si è cominciato a indagare sul dove e sul come si fa a sprecare tutto questo cibo.

Sono stati individuati vari livelli, durante il processo produttivo, durante i quali si spreca il ciboche possiamo distinguere in:

  1. Food losses
    Si riferisce alle perdite che si determinano a monte della filiera agroalimentare, durante la coltivazione o l’allevamento, la raccolta e il trattamento della materia prima.
  2. Food waste
    Vale a dire gli sprechi che avvengono durante la trasformazione industriale, distribuzione e le produzioni in eccedenza (prodotto invenduto).
  3. Sprechi domestici
    Ossia gli alimenti acquistati ma che non finiscono sulla tavola dei consumatori perché lasciati scadere nel frigo o nella dispensa.

Se fosse possibile recuperare gli sprechi in tutti i passaggi, dal campo alla tavola, questi sfamerebbero 2 miliardi di persone al mondo. Inoltre un cibo che non nutre nessuno non solo è inutile ma è anche dannoso per le ripercussioni che ha la sua produzione in termini di impatto ambientale, tanto più ora che la sostenibilità ambientale e i problemi legati al clima e allo sfruttamento incontrollato delle risorse del nostro pianeta sono prioritari per la nostra sopravvivenza.

spreco alimentare le cause e le soluzioni

Le cause dello spreco

Nei primi due casi (food losses e food waste) le cause sono da rintracciare soprattutto nei numerosi passaggi dal produttore al consumatore nelle catene di montaggio dei cibi industriali: dal trasporto al surplus di produzione, fino alle normative troppo rigide (come nel caso delle quote latte).
A questo si aggiungono i canoni estetici, soprattutto nel caso di frutta e verdura, quelli considerati “brutti” ovvero ammaccati o dalle forme strane, non vengono neanche messi in vendita.  

Se per diminuire gli sprechi nei primi due passaggi (food losses e food waste) sono necessarie le azioni di aziende e governi per monitorare e ottimizzare al meglio la filiera di produzione degli alimenti, sugli sprechi domestici siamo coinvolti tutti in prima persona. Inoltre in Italia, gli sprechi a livello domestico sono i più rilevanti, il 42% del totale, e costano oltre 25 euro al mese a famiglia. E dei 1.226 milioni di metri cubi d’acqua sprecati, 706 milioni di metri cubi sono stati sprecati dai consumatori (in modo indiretto, sempre mediante gli sprechi alimentari).

Per capire che cosa si spreca di più, l’Osservatorio sugli sprechi ha svolto una ricerca che ha evidenziato che, a livello domestico in Italia si sprecano mediamente il 17% dei prodotti ortofrutticoli acquistati, il 15% di pesce, il 28% di pasta e pane, il 29% di uova, il 30% di carne e il 32% di latticini. Per una famiglia italiana questo significa in media una perdita di 1.693 euro l’anno. Anche in Europa gli sprechi alimentari che avvengono fra le mura di casa sono pari al 42%.

Le cattive abitudini dei consumatori, che non conservano i prodotti in modo adeguato, le date di scadenza troppo rigide apposte sugli alimenti, le pubblicità e le promozioni che spingono i consumatori a comprare più cibo del necessario oppure a pensare che se una mela ha un puntino nero sulla buccia “allora non è buona”, sono fra le cause principali di questo spreco di massa.

Le iniziative contro lo spreco alimentare e le buone abitudini

Combattere lo spreco alimentare e le sue conseguenze ambientali è una delle missioni più importanti della nostra epoca. In molti casi, sono sufficienti semplici azioni da parte di singoli cittadini, produttori, rivenditori, ristoratori e imprese per contribuire a raggiungere la sicurezza alimentare e una migliore sostenibilità ambientale.

Partendo dalle modalità con cui si produce e si distribuisce il cibo, negli ultimi anni sono nate diverse iniziative volte a incentivare la “filiera corta” e l’acquisto di prodotti “a km 0”.

Trai più interessanti, c’è il progetto l’Alveare che dice sìun nuovo metodo per vendere i prodotti locali attraverso internet e i social network.
Nato in Francia nel 2011, si è già diffuso in Germania, Inghilterra e Spagna, per un totale di 800 Alveari in continua espansione.
In Italia sbarca a Torino nel 2014 e si espande in tutte le maggiori città italiane tra cui Napoli, Brescia e Milano, dove viene ospitato da Impact Hub Milano in via Paolo Sarpi 8, una rete di spazi dove si incontrano imprese e progetti ad alto impatto sociale e ambientale.
Tra i progetti di recupero del cibo avanzato o che sta per scadere, c’è Myfoody: una piattaforma che mette in relazione negozi e supermercati che hanno nei loro scaffali migliaia di prodotti in scadenza, con i consumatori, che cercano le offerte e le promozioni più convenienti e vicine a casa. Iscrivendoti alla piattaforma, puoi vedere quali prodotti in scadenza ci sono vicino a te, che il supermercato mette in vendita a prezzi super scontati prima di buttarli nella spazzatura.
Oltre a risparmiare quindi, acquistando quei prodotti, aiuterai a combattere lo spreco alimentare.

Ma anche piccoli accorgimenti quotidiani possono bastare per combattere lo spreco del cibo, soprattutto quando siamo fuori casa, al ristorante o in trattoria.
Da qui nasce l’idea della “Doggy Bag” un simpatico sacchetto fornito dai ristoranti che ti permette di portare a casa gli avanzi del pranzo o della cena.

La chiave del successo nella lotta contro lo spreco alimentare è avere un atteggiamento più rispettoso nei confronti del cibo che troviamo sulle nostre tavole: in fondo, basta seguire delle piccole regole quotidiane per ridurre lo spreco di cibo.

 

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