
Squame di pesce: una nuova fonte di energia sostenibile
Energia verde, ma forse sarebbe più opportuno chiamarla energia blu.
È quella che un team di ricercatori della Jadavpur University di Kolkata è riuscito a ottenere da un uso tecnologicamente evoluto degli scarti di lavorazione del pesce. E in particolare dalle squame, che sono ricche di fibre di collagene: una sostanza organica naturalmente dotata di proprietà piezoelettriche.
Le squame catturano energia che altrimenti andrebbe perduta
Semplificando un po’ la questione, quando le fibre di collagene sono sottoposte a una deformazione meccanica si polarizzano, generando una differenza di potenziale che può essere sfruttata per produrre energia elettrica. Spiega il professor Dipankar Mandal, del dipartimento di Fisica dell’ateneo indiano, che le scaglie che ricoprono il corpo dei pesci possono essere sottoposte a un trattamento di demineralizzazione che le rende flessibili e trasparenti senza far loro perdere le proprietà piezoelettriche. E in questo modo si possono ottenere lamine di squame collegate a elettrodi, in grado di catturare anche piccolissime quantità di energia meccanica e di trasformarle in elettricità direttamente utilizzabile. In termini tecnici, dai resti del pesce si ricavano nano-generatori energy harvester.
Indossando una lamina di questo genere mentre si cammina, sarebbe possibile ricavare energia elettrica dai movimenti del corpo per alimentare dispositivi portatili. E lo stesso esponendola a vibrazioni come quelle prodotte da macchine, o dal soffio del vento. Un esperimento ha dimostrato che, picchiettando regolarmente con un dito una superficie di questo genere, si possono tenere accesi circa 50 LED.
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Una rivoluzione anche per la medicina?
È facile intuire come questa scoperta possa aprire scenari straordinari. Mai, in precedenza, si era riusciti a ottenere generatori elettrici insieme leggerissimi, trasparenti, biocompatibili e biodegradabili: teoricamente utilizzabili non solo per fornire energia auto-prodotta a orologi e smartphone, ma anche a dispositivi medici.
Per esempio, potrebbero far funzionare piccoli strumenti utili per diagnosticare patologie del sistema digerente: i dispositivi sarebbero ingeribili senza alcun rischio di intossicazione (le lamine, di materiale organico, catturerebbero energia dai movimenti dei pazienti, e ciò consentirebbe di superare il problema delle batterie).
Il professor Mandala ritiene che dalle scaglie di pesce si arriverà a produrre anche nanogeneratori di elettricità impiantabili direttamente nei muscoli e soprattutto nel cuore, che è costituito in larga parte da collagene, e ciò dovrebbe ridurre i rischi di rigetto. Strumenti piccolissimi in grado di raccogliere l’energia delle pulsazioni, convertendola in elettricità per alimentare i pacemaker. Se fino a ieri sapevamo soltanto che il pesce fa bene al cuore, oggi abbiamo scoperto che perfino i suoi scarti possono darci energia e salute…
