
Sweet mountains: turismo sostenibile nelle Alpi del Nordovest
Sulle Alpi, più che altrove, assistiamo alla crescita di un turismo saggio e responsabile, che consiste nel valorizzare le differenze e le peculiarità di ogni località, coinvolgendo il visitatore nella realtà locale, rispettandone i tempi, i riti e gli usi.
Sweet mountains è un progetto che mira a valorizzare il turismo responsabile, con la creazione di una rete che unisce e promuove tutte quelle strutture delle Alpi del Nordovest che sposano la filosofia del turismo dolce, leggero e sostenibile.
Dolce perché ha a cuore il rispetto dell’ambiente alpino, naturale e umano. Leggero perché sceglie dei mezzi di trasporto e delle attività diverse, rinunciando alle grandi infrastrutture impattanti e ai divertimenti rumorosi e inquinanti. Sostenibile per il territorio, per chi lo vive e per chi lo frequenta, dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
Negli ultimi decenni del Novecento si è creduto che le Alpi fossero la meta ideale per un turismo di massa fondato su valori e attrezzature urbane (condomini, seconde case, pizzerie, impianti di risalita, strade, parcheggi, garage), per accorgersi ben presto che la montagna è un territorio fragile, incapace di accogliere certe infrastrutture, e che chi parte dalla pianura non cerca la città che ha lasciato, ma dalla montagna vuole altro: silenzio, natura, sport all’aria aperta, ricette e tradizioni locali. Soprattutto cerca la diversità.
Si va sempre più delineando un turismo alternativo dai grandi numeri e dalle grandi potenzialità, basato su nuovi ospiti e nuove domande. La maggioranza dei visitatori delle Alpi non vuole più essere paracadutata in quota come in un “non luogo” qualsiasi, ma vuole capire e decifrare il luogo delle proprie vacanze. Il nuovo viaggiatore vuole imparare a guardare oltre il rustico bancone dell’immancabile Bar delle Alpi, le tovagliette ricamate del Ristorante Belvedere, i campi da tennis seminascosti dai Cedri del Libano, la pizzeria camuffata da rascard o il rascard trasformato in discoteca. Vuole cominciare a parlare con la gente del posto, sgretolare il muro della diffidenza e dell’omertà, per scoprire – per esempio – che il “formaggio di malga” viene dalla Bassa padana, ma esiste una toma senza etichetta, un formaggio locale, che scende direttamente dall’alpeggio e sa di erba di montagna. E poi magari, dopo qualche giorno di sguardi di traverso e mezze parole, il lattaio confida all’ospite dove si trova la baita del pastore invogliandolo all’escursione.
Un turismo più attento, più dolce, più sostenibile
La lentezza può diventare una preziosa provocazione per il viaggiatore. Come l’alpinista e il montanaro “cambiano passo” quando il pendio si fa più ripido, così il villeggiante può approfittare della vacanza sulle Alpi per cambiare velocità e liberare lo spirito dalle catene quotidiane del tempo, provando a seguire più il corso del sole che i giri dell’orologio. Lentezza vuol dire parcheggiare l’automobile e andare a piedi. Non si tratta di un rifiuto ideologico dell’auto, per snobismo o ipocrisia, ma del presupposto fondamentale per vedere, conoscere e capire.
Le Alpi non sono terre aperte come i deserti, le campagne o i litorali, dove gli orizzonti scorrono nel finestrino e scivolano via. Le Alpi sono terre anguste e complesse, luoghi dell’impervio, insiemi di paesaggi diversi, mutevoli, misteriosi e meravigliosi. Attraversarli di corsa in automobile è come ascoltare un vecchio long playing alla velocità di settantotto giri, cogliendo solo l’allucinazione di un suono e brandelli di parole senza senso. Perché quella mezz’ora di auto che porta dai mille ai duemila metri di quota corrisponde – in orizzontale – ai mille chilometri che separano i boschi dell’Europa centrale dalle piante pioniere della tundra. Ne consegue che anche il turismo domenicale “tocca e fuggi via” ha poco senso nella dimensione alpina. Non c’è forse contraddizione se, per respirare qualche boccata di aria buona, produciamo altrettanta aria cattiva con i gas di scarico delle nostre automobili, sottomettendoci a stress da viaggio e code da rientro in perfetta sintonia con il quotidiano logorio della vita urbana? L’illusione della fuga non ci rende meno prigionieri.
Nell’euforia del progresso, abbagliati dalla panacea del turismo guaritore di tutti i mali, si è perso di vista il punto di partenza: «Un viaggiatore che parta per la montagna lo fa perché cerca la montagna, e credo che rimarrebbe assai contrariato se vi ritrovasse la città che ha appena lasciato». Sono parole dell’abbate Amé Gorret, un prete valdostano che nell’Ottocento aveva già intuito i requisiti fondamentali del turismo alpino.
I 10 punti del manifesto di Sweet mountains
- nessuno va in montagna per ritrovare la città
- nessuno ha il diritto di portare la città in montagna
- il viaggiatore non è una merce, ma una persona
- il montanaro non è un servo, ma un ospite
- se ospite e montanaro non si parlano, hanno perso entrambi
- il turismo sostenibile non si mangia la montagna, la alimenta
- la lentezza non è una rinuncia, ma una conquista
- il viaggiatore responsabile è curioso, rispettoso, attento
- la montagna non è un museo e nemmeno un lunapark
- la montagna dolce è l’unica montagna possibile
La rete nelle Alpi del Nordovest
L’idea di un turismo alpino più attento, dolce e sostenibile ha mosso in Italia, come in altri paesi dell’arco alpino, iniziative atte ad accogliere le nuove esigenze di una domanda turistica sempre più articolata e consapevole. Nella regione italiana delle Alpi di Nordovest (Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta), nonostante cresca una domanda turistica in tal senso, non esistono ancora delle iniziative strutturate che mettano in rete le realtà, e sono ormai molte, che cercano di dare una risposta a questo tipo di domanda turistica. Per tale motivo l’Associazione Dislivelli, da tre anni a questa parte, lavora alla promozione del “Progetto Luoghi”, portato avanti insieme a una serie di attività di ricezione turistica capaci di offrire ai visitatori non solo un servizio alberghiero o para-alberghiero di elevata qualità, ma anche la possibilità di condividere le identità locali, i loro valori e i loro problemi, attraverso servizi e iniziative che funzionino da “chiavi di accesso” alle peculiarità di un territorio di cui la stragrande maggioranza dei potenziali turisti oggi conosce ancora molto poco. Dal Progetto Luoghi, realtà informale a cui si può aderire su base volontaria avendo alcuni requisiti, è nata Sweet mountains, una “Rete del turismo sostenibile nelle Alpi del Nordovest” che si sta via via ampliando, coinvolgendo tutte quelle realtà sul territorio alpino hanno più volte manifestato il loro interesse a collaborare nel progetto. Realtà agricole, artigianali, di impresa leggera, i parchi, gli ecomusei, gli operatori specializzati (soprattutto guide alpine e accompagnatori naturalistici). Ma anche i Presidi alpini di Slowfood e tutte le realtà alpine interessate a promuovere una “visione della montagna” che potremmo riassumere sinteticamente nei concetti di “sostenibile” o “capace di futuro”.
