vino biologico come si produce e dove si acquista

Vino biologico: come si produce e dove si acquista

Come si riconosce il vino biologico da quello industriale? Senza confondersi con quello biodinamico?

C’è molta ambiguità in materia, imputabile anche ad alcuni viticoltori che in etichetta non chiariscono di quale tipo di prodotto si tratta, impedendo così al consumatore di sapere che cosa sta acquistando.

Come se non bastasse, poi, recentemente il patron di Eataly Oscar Farinetti ha introdotto la definizione di vino libero, ossia il vino venduto da quei produttori che non vogliono sottostare ai regolamenti imposti dall’Unione Europea. Ma libero da che cosa? Da concimi di sintesi, da erbicidi e – si legge sul sito dell’Associazione Vino Libero – da almeno il 40% dei solfiti rispetto al limite previsto per legge.

Proviamo quindi a fare un po’ di chiarezza, visto che non esiste, a differenza dei prodotti alimentari, un obbligo di riportare in etichetta tutte le informazioni che risolverebbero il problema in maniera chiara e senza fraintendimenti. Inoltre, manca una posizione comune assodata, esistendo molti punti di vista e opinioni contrastanti.

Che cos’è il vino biologico

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Il concetto base del vino biologico è l’attenzione al territorio di produzione, con la conseguente riduzione delle sostanze chimiche utilizzate e dei solfiti, un impiego limitato delle risorse idriche e l’adozione di colture sulle quali i parassiti sono combattuti senza pesticidi chimici. La quantità di solfiti non può essere maggiore di 100 mg/l per i vini rossi e di 150 mg/l per quelli bianchi e rosé. Una specifica normativa (Regolamento Europeo 203/2012) disciplina alcuni aspetti della produzione ma non, per esempio, la riduzione dei reflui di produzione, il riutilizzo degli scarti o il packaging, tutti fattori che incidono fortemente sull’impatto ambientale. Messe al bando le sostanze chimiche, si possono invece impiegare quelle di origine animale, vegetale o minerale: albumina, gomma arabica, caseina e colla di pesce.

Questione di etichetta

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Per poter apporre in etichetta la dicitura “vino biologico”, oltre al marchio dell’Unione Europea, è necessaria una certificazione da parte di un ente apposito: tra i tanti, per esempio, l’Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale (ICEA). E questo vale anche per i vini delle annate precedenti al 2012, anno in cui è entrato in vigore il Regolamento in questione, se si dimostra che le tecniche di vinificazione impiegate hanno rispettato tutti i dettami previsti.

Il Regolamento stabilisce le pratiche enologiche consentite, elenca prodotti e sostanze autorizzati e specifica, in maniera tautologica ma indispensabile, che il vino biologico si produce soltanto con uve biologiche. Le pratiche vietate sono: la concentrazione parziale a freddo; l’eliminazione dell’anidride solforosa con procedimenti fisici; il trattamento per elettrodialisi per garantire la stabilizzazione tartarica del vino; la dealcolizzazione parziale del vino; il trattamento con scambiatori di cationi per garantire la stabilizzazione tartarica del vino.

Cos’è il vino biodinamico

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Il vino biodinamico, invece, è prodotto secondo quanto postulato da Rudolf Steiner nei primi decenni del Novecento. Rifiutando del tutto le innovazioni chimiche in campo agricolo, nocive alla terra, alle piante ma anche al bestiame, il teosofo austriaco formulò precise pratiche per trattare il terreno, il letame e i concimi impiegati – compost o stallatico – all’interno di una visione filosofica che considera le interazioni tra le energie del suolo, degli esseri viventi e persino cosmiche: grande importanza per esempio è data al calendario lunare. Per combattere gli insetti nocivi alle vigne si impiegano mezzi meccanici e non chimici, repellenti e fertilizzanti naturali o altri insetti. Vietata la pastorizzazione, la chiarificazione è consentita solamente col bianco d’uovo o con la bentonite (una roccia argillosa di origine vulcanica), priva in ogni caso di arsenico o diossine.

Ciò detto, meno si impiegano prodotti chimici nelle vigne e nelle cantine e meglio è, sia per il vino prodotto che per l’ambiente. L’intero processo di vinificazione deve avvenire in modo spontaneo e non indotto, in aziende agricole di limitate dimensioni dove si coltivino vitigni autoctoni. Solo facendo così il vino conserva tutte le caratteristiche proprie del territorio nel quale l’uva nasce, cresce e matura, differenziandosi e acquisendo proprietà uniche, ben lontane dalla standardizzazione della produzione industriale, vincolata anche alla necessità di far arrivare sugli scaffali dei supermercati prodotti sempre “uguali”. Infine è consigliabile comprare il vino il più vicino possibile a casa, a chilometro zero, per ridurre l’inquinamento dovuto al processo di trasporto. Ciò vale per ogni acquisto, naturalmente.

La produzione del vino biologico

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Dal punto di vista legale, meglio cominciare a studiare per bene i due Regolamenti Europei 834/2007 e 203/2012. Per la produzione di vino biologico, come detto, va impiegata uva coltivata in maniera biologica, ossia senza pesticidi e fitofarmaci e avvalendosi soltanto di fitoterapici e prodotti minerali quali rame e zolfo, per contrastare l’azione nefasta di insetti come la tignoletta o di malattie come l’oidio (o mal bianco). Quindi, sia che si abbia la possibilità di avere una vigna, sia che l’uva la compriamo presso un coltivatore diretto, la fertilizzazione del terreno va fatta con compost e materiale organico, facendo in modo che dia alte rese e che, al contempo, produca uva di ottima qualità. Niente prodotti chimici, si utilizzano sostanze naturali come gelatina, colla di pesce, gomma di acacia e proteine del frumento.

In merito ai solfiti, sostanze tossiche che sono però tollerate in minime quantità nella produzione industriale per le loro proprietà antiossidanti e antisettiche, nel vino biologico devono essere assenti, così come i lieviti per la fermentazione.

La coltivazione e le condizioni ambientali

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Coltivare una vite in maniera biologica è semplice, essendo una pianta poco esigente in termini di elementi nutritivi. Una delle maggiori difficoltà consiste nel contrasto alle malattie fungine, in primo luogo la peronospora, che proliferano in determinate condizioni climatiche. Una volta raccolta l’uva, bisogna portarla in cantina limitando al minimo i danni durante il trasporto ed evitando di accelerare la fermentazione. Ovviamente attenzione all’igiene e a evitare contaminazioni.

Una condizione essenziale è scegliere vitigni autoctoni, che ben si sposino con le condizioni ambientali specifiche, come il clima o la natura del terreno. Si hanno minori problemi con le varietà a vigoria contenuta, che maturi velocemente, a buccia spessa, in quanto i parassiti sono meno in grado di penetrare nel frutto. Tra i vitigni bianchi, i più indicati a essere coltivati secondo i principi biologici sono: Falanghina, Grecanico, Greco bianco, Passerina, Verdesca; tra quelli a bacca nera: Aleatico, Cabernet Sauvignon, Montepulciano, Primitivo, Sangiovese.

Il necessario per produrre vino biologico

Il vino biologico si può produrre in casa ma bisogna disporre di un locale dove tenere tutta la strumentazione, per la quale si rende necessario un investimento iniziale che si aggira sui 200 euro (per produrre una damigiana da 64 litri). Il locale deve essere dotato di finestra, in quanto la fermentazione sprigiona anidride carbonica, sulla quale va apposta una zanzariera per impedire che vi entrino i moscerini della frutta attirati dal mosto.

Bisogna procurarsi:

  • 6 cassette di plastica per alimenti (quella con il simbolo con un bicchiere e una forchetta);
  • 1 mastellone per alimenti da 100 litri;
  • 1 serbatoio in acciaio inox da 150 litri;
  • 1 bastone di legno triforcato;
  • 1 tappatrice manuale.
  • 1 confezione da 250 gr di metabisolfito di potassio;
  • lieviti selezionati;
  • 3 litri di olio enologico;
  • bottiglie bordolesi e tappi (di sughero o a corona).

Si può acquistare quasi tutto su Amazon, a partire dal serbatoio.

Comprata o raccolta l’uva – 100 chilogrammi – si può procedere con la pigiatura all’interno del mastellone, seguita dalla diraspatura, ossia l’eliminazione a mano dei raspi. Il mosto va poi versato nel serbatoio in acciaio, con l’aggiunta di un cucchiaino di metabisolfito di potassio.

Nel giro di 24 ore comincerà la fermentazione, ben visibile: i lieviti trasformano lo zucchero in alcol etilico e anidride carbonica, che affiora in superficie, come se il liquido nel contenitore stia bollendo. Per le successive due settimane, una volta al giorno eseguire l’operazione della follatura, ossia mandare sul fondo le bucce che galleggiano in superficie avvalendosi del bastone di legno triforcato: così facendo, le sostanze coloranti delle bucce vengono assorbite dal mosto. Quando questo smette di “bollire”, si può procedere alla svinatura, aprendo il rubinetto nella parte inferiore del serbatoio, facendo defluire il vino nel mastellone.
Liberato il serbatoio dalle vinacce, bisogna versarci dentro il vino per la fermentazione lenta: travasando 2/3 volte per eliminare la feccia che si deposita sul fondo, alla fine della primavera si ottiene il vino pronto da bere.
Importantissimi sono anche i tappi di sughero, che assicurano una buona conservazione del vino.

Dove acquistare il vino biologico

Esistono numerose aziende vinicole ed enoteche che vendono vino biologico. Elenchiamo qualche portale che consente di trovare la soluzione più indicata:

  • Vino-Bio dà la possibilità di fare una ricerca per regione e per tipo di vino (circa un’ottantina).
  • ComproBio  consente di acquistare vino biologico a filiera corta, direttamente dal produttore e senza intermediari.
  • Vino.75  offre parametri di ricerca che comprendono anche il prezzo (da 7 a oltre 100 euro) e la tipologia (possibilità di scegliere anche tra spumanti e vini dolci).
  • Vino Biologico elenca invece per regione le aziende italiane che producono vino biologico, con tutti i riferimenti per contattarle.
  • iWine  è un’enoteca online che vende oltre una cinquantina di varietà di vino biologico, diviso anche per uvaggio (sul catalogo anche 4 champagne).
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